Questa ricetta è il risultato di una chiaccherata con un caro amico chef, il quale usando semplici parole mi ha aperto un mondo, perché gli gnocchi non sono solo di patate. Per farli, possono essere utilizzati tutti i legumi o verdure ad esempio zucca e zucchina.
Il vino da abbinare a questo piatto è prodotto in Liguria: Vermentino Aimone 2015 della Cantina Bio Vio di Albenga (Sv). Vino bianco leggero e fresco.
Ingredienti per 4persone:
300 gr di ceci cotti
60 gr di farina
20 scampi
250 gr di asparagi verdi
Uno spicchio d’aglio
2 gr zafferano in pistilli
Olio evo
Sale rosa
Pepe nero
Sale grosso
Procedimento:
Nel mixer tritate i ceci, togliere i ceci tritati dal mixer e impastare bene aggiungendo la farina. Creare piccoli “serpenti” con l’impasto da cui ricavare gli gnocchi.
Pulite gli scampi aprendo la parte inferiore del carapace con una forbici, tenete da parte 5/6 teste. Mettete da parte 2 scampi a porzione intero, gli altri vanno sgusciato e tritati al coltello. In una casseruola dai bordi alti fate soffriggere uno spicchio d’aglio, aggiungete le teste degli scampi e fare cuocere per 5 minuti, aggiungete abbondante acqua, la bisque ottenuta servirà per la cottura degli gnocchi.
Cuocete a vapore gli asparagi per qualche minuto, salate, frullare fino ad ottenere una crema, aggiungendo olio evo e un mestolo di brodo, la metà dello zafferano.
Cuocete a vapore gli scampi, aggiustate di sale e pepe, nel frattempo cuocete gli gnocchi nella bisque che avrete salato con sale grosso per qualche minuto fino a che saliranno a galla.
Impiattate mettendo la crema di asparagi sul fondo,finendo il piatto con i pistilli di zafferano.
In occasione della Val Tidone Wine Fest30 blogger membri di AIFB sono state chiamate a raccontare la Malvasia di Candia Aromatica vitigno coltivato in Emilia.
Tra le 19 varietà di Malvasia presenti in Italia quella di Candia è stata indentificata mediante indagine del DNA, risulta essere un’incrocio di Malvasia Aromatica di Parma e un genitore sconosciuto, portando alla luce anche un legame con il Moscato bianco.
Una storia alle spalle che parla di viaggi e commerci, della Serenissima Repubblica Veneziana che la esportava in tuta Europa e faceva arrivare così l’oro giallo aromatico sulle tavole dei nobili.
Ti troverai ad esplorare un territorio ricco di storia, le colline piacentine che in questi anni hanno visto crescere e affermarsi i loro vini e con essi la proposta eno-turistica.
Per la challenge #aromamalvasia ho ricevuto una mistery box contenete prodotti food del piacentino e ovviamente lei la protagonista, la Malvasia di Candia Aromatica.
La ricetta:
Per preparare la ricetta si devono utilizzare almeno due ingredienti ricevuti, la Malvasia può essere utilizzata in abbinamento al piatto o come ingrediente della ricetta. Vista la destinazione d’uso del mio blog ho preferito abbinare il vino al piatto e quindi assaggiare gli ingredienti della box assieme al vino, ma anche cercando tra le ricette tipiche del territorio ispirazione anche per una possibile rivisitazione.
Mi capita spesso quando devo raccontare un vino tipico di un territorio di cercare tra le ricette che lo raccontano, e di lasciarmi trasportare per una possibile “modifica” o rivisitazione, questa volta la scelta è ricaduta su Pisarei, tipico gnocco piacentino servito solitamente con i fagioli, leggi la ricetta per sapere come lo preparo, e ora ti lascio all’abbinamento.
In abbinamento Donna Luigia Malvasia Collo Piacentino DOC Torre Fornello
Un vino di carattere che la cantina ha voluto dedicare a Donna Luigia Scotti Douglas, donna dell’ 800, proprietaria dell’azienda, un vino deciso dedicato a una donna dalla personalità importante.
100% Malvasia di Candia Aromatica, uve raccolte in quattro vigneti differenti, con differenti pendenze, età, esposizione alla luce solare.
Un vino che per un 20% fa affinamento in barrique, il resto acciaio, un vino che da subito all’assaggio mi ha lasciato al palato una nota balsamica, un qualcosa che secondo me si sposa bene con la maggiorana.
Colore giallo intenso con riflessi ancor più carichi, al naso fruttato e speziato, sentori persistenti che poi si ritrovano al palato, con una piacevole nota speziata che rimane sul finale, a mio avviso un vino che si presta all’invecchiamento.
Con la ricetta che leggi sotto crea il giusto equilibrio di dolcezza data dal vino, ma anche dal formaggio, bilancia lo speziato dello zafferano e la terrosità del porcino.
Per prima cosa prepariamo i Pisarei, che sono uno gnocco di farina e pane dalla forma allungata, tradizionalmente nel piacentino vengono serviti accompagnati da sugo di fagioli.
Per la mia versione ho voluto che il porcino fosse presente nell’impasto dei Pisarei in questo modo, metti ad ammollare in 500 gr acqua tiepida i funghi essiccati per almeno 30 minuti.
Trascorso il tempo estrai i funghi dall’acqua e risciacquali, lascia poi da parte ad asciugare su carta da cucina. Filtra il brodo ottenuti con un colino a maglie strette, porta a bollore aggiungendo qualche rametto di maggiorana, servirà caldo per la preparazione dei nostri gnocchi.
Pesa 235 gr di brodo caldo ma non bollente, in una ciotola mescola pane grattugiato e burro, aggiungi il brodo caldo e fai assorbire. A questo punto aggiungi la farina poco alla volta e crea un’ impasto compatto, lascia riposare coperto per circa trenta minuti.
Taglia l’impasto in varie parti e con le mani crea dei cilindri di pasta che andrai a porzionare in piccoli gnocchi della grandezza di 1 cm.
Allunga l’impasto con il palmo della mano e una volta appoggiato sulla spianatoia con il dito indice schiaccialo in modo da creare un’insenatura, devono essere lunghi circa 3 cm.
Condiamo i Pisarei:
In un pentolino versa la panna, quando sarà calda ma mi raccomando non deve bollire, aggiungi il cacio grattugiato, zafferano, sale e pepe, mescola bene fino ad ottenere una crema liscia ed omogenea.
Scalda la griglia, ungi con olio e fai grigliare i porcini, io dopo la cottura alcuni li ho lasciati interi invece altri tagliati a pezzetti, aggiusta di sale.
Porta a bollore acqua a qui avrai aggiunto il restante brodo di porcini, quando bolle aggiungi il sale. Versa i Pisarei e fai cuocere qualche minuto fino a che non saliranno in superficie.
Scola, condisci con un po’ di fonduta, impiatta aggiungendo ancora fonduta sul fondo e i porcini grigliati.
Domenica 2 aprile si apre ufficialmente l’edizione nr 55 di Vinitaly, la manifestazione italiana più importante in ambito vino. Anche per questa l’edizione Vinitaly 2023 ti racconterò l’appuntamento con Young to Young, la master class che racconta giovani produttori attraverso giovani addetti ai lavori, in modo smart e veloce.
Per quel che mi riguarda il modo migliore che ho per raccontare un’evento è il mio blog, si ok ci sono le stories si Instagram per raccontare il momento, ma dopo 24 ore cosa ne rimane?
Ma veniamo a noi, l’appuntamento è per domenica 2 aprile Pala expo ore 15.00, per apprendere, assaggiare, capire, interpretare e poi raccontare. Capire realtà, territorio e vino, ma anche percepire quel qualcosa in più, e saper raccontare tutto nel migliore dei modi.
Perché una cosa è certa se Paolo Massobrio e Marco Gatti hanno selezionato i produttori di cui ti parlerò tra poco è perché hanno quel qualcosa in più. Tre sono le cantine e i vini in degustazione, conosciamoli assieme.
Brugnano vini:
Inizia con i fratelli Francesco e Giuseppe Brugnano la nuova era di questa cantina che produce vini da cinquant’anni. Una nuova visione, contemporanea e dinamica, capace di accorciare le distanze tra chi produce e chi consuma. Orgogliosi delle proprie radici, fedele al valore di un’unicità da difendere e tutelare.
Realtà attenta a una produzione sostenibile, con vigneti impiantati tra i 300 e 500 mt di altitudine si estende per 15000 m2 si avvale oggi delle più innovative tecniche di vinificazione.
La cantina ha sede a Partinico nella Sicilia nord-occidentale ed è di recente ristrutturazione.
Il vino in degustazione oggi è un Metodo Classico prodotto con vitigno Catarratto, Francesco ci presenta un vino dal perlage sottile ma persistente, floreale al naso, in bocca minerale e avvolgente, fermo restando il carattere dato dal vitigno.
Cantina fondata nel 1982 in una zona che fin da subito pare vocata per la produzione di bollicine metodo classico.
Il nome Revì deriva dal toponimo della zona di produzione, zona che secondo la leggenda era votata alla coltivazione di una vite dalla quale si otteneva un vino superiore, regale: il “Re vin”, Revì
Revi oggi è una cantina affermata e riconosciuta per la produzione di Trento DOC, vari sono infatti le tipologie prodotte della celebre bolla, un’attenta cura della vite contraddistingue questa realtà che negli anni ha saputo realizzare e perfezionare le tecniche apprese sui libri di scuola.
Blasé un Metodo Classico Trentino con tutto il carattere che ci si può aspettare da una bolla di montagna, sentori di tostato, di fieno e frutta secca, un perlage persistente ma mai invadente.
Una storia di famiglia che parte nel dopo guerra con il nonno Pietro che acquista una vasta proprietà a Bertinoro, la proprietà comprende anche una parte coltivata a vigneto, ma il sogno del patriarca è avere un grande uliveto, quindi quando una vite moriva veniva sostituita con un’ ulivo.
Nel 1992 Giovanna Madonia prende le redini della cantina non solo ripristina i vigneti ma addirittura li amplia, con costanza e testardaggine perché il suo desiderio era produrre grandi vini.
La produzione della cantina si divide tra Sangiovese ed Albana primo vino italiano ad ottenere la DOCG, ora la superficie vitata è di 14 ettari e Giovanna continua il suo progetto aiutata dalle quattro figlie.
Albana in purezza dal colore oro intenso, sapido, fresco, avvolgente, se dovessi descrivere questo vino in una parola direi schietto.
Guardando la foto di questi ravioli non senti voglia di festa, colore, carnevale? Lo so non è fritto, non è pesante, infatti è l’apoteosi della leggerezza, come dovrebbe essere leggero il periodo del carnevale.
Un connubio tra pasta fatta in casa, pesce fresco e ricotta aromatizzata con scorza di limone e aneto, che adoro con il pesce. La mia idea è quella di servire un unico raviolo a persona, cm 10×10, ma nulla ti vieta di creare ravioli più piccoli.
Ricetta che dà freschezza e leggerezza, idea perfetta anche per San Valentino, e in quaresima per i venerdì di magro.
Ho puntato sulla freschezza anche per l’abbinamento vino, con un Cortese di Gavi DOCG che arriva direttamente dal Piemonte, la cantina è Morgassi Superiore, una realtà che crede nella filosofia del viaggio e che con i suoi vini promette questo.
Un vino 100% Cortese di Loc. Sermoria Comune di Gavi, al naso e in bocca fresco, fruttato, spiccato sentore di agrumi, e questo mi è piaciuto per l’abbinamento del piatto in quanto rafforza la nota agrumata presente nel ripieno.
Vino che sicuramente ha un potenziale d’invecchiamento non indifferente, vista la struttura che lo contraddistingue.
Ingredienti per 4 persone:
Per la pasta:
300 gr semola rimacinata di grano duro
2 uova intere
2 tuorli
Per la pasta viola 50 gr di semola e 50 gr di cavolo viola, un cucchiaino di aceto di mele
Per la pasta verde 50 gr di semola e 50 gr di spinaci
Per il ripieno:
100 gr di tonno fresco
150 gr di ricotta
Aneto
Limone non trattato
Olio evo
Sale
Pepe bianco
Fiori eduli
Procedimento per preparare i ravioli:
Premetto che io ho realizzato la pasta di tre colori differenti perché volevo dare al piatto un tocco carnevalesco, ma se vuoi puoi preparare solo la pasta classica.
Per prima cosa cuoci a vapore separatamente spinaci e cavolo viola, frulla entrambi con un frullatore a immersione e filtra con colino per ottenere una crema.
Prepara il ripieno, taglia a cubetti il tonno, in una ciotola mescola tonno e succo di limone, aggiungi anche il sale. In una ciotola lavora la ricotta con un filo d’olio evo, zest di limone e aneto.
Ora puoi creare i tre impasti, gli impasti colorati saranno composti da semola e crema di verdura, mentre l’impasto del raviolo vero e proprio sarà composto da semola e uovo.
Prepara gli impasti con planetaria o a mano sulla spianatoia, come vuoi, ma fai riposare trenta minuti coperto con pellicola.
Con la nonna papera stendi la pasta molto sottile, stendi tutti e tre i colori. Con la trafila dei tagliolini ricava le parti colorate del raviolo.
Appiccica sulla pasta neutra le tue “stelle filanti” rosa e verde, schiaccia con un mattarello in modo da unire pasta neutra e colorata.
Trasferisci la crema di ricotta in una sac a poche e crea il ripieno dei ravioli disegnando un quadrato circa cm 8×8 su di un foglio di sfoglia, aggiungi i cubetti di tonno.
Chiudi con una seconda sfoglia e premi bene il contorno del raviolo, taglia con un coppa pasta quadrato cm 10×10.
Cuoci in abbondante acqua salata per 5 minuti, scola e impiatta guarnendo con fiori eduli.
I passatelli primo piatto tipico dell’ Emilia Romagna, Umbria e Marche, un piatto semplice ma ricco di sapore in costante equilibrio tra asciutti o in brodo?
Personalmente li preferisco asciutti, non amo i piatti in brodo, e se di una ricetta esiste la variante asciutta la preferisco.
Nella mia versione ti propongo il contrasto tra il sapore tendenzialmente dolce del passatello, la cima di rapa saltata in padella leggermente amara e con quel tocco di sapidità dato dall’acciuga.
Per bilanciare sapori così decisi avevo bisogno di un vino delicato ma con aromi decisi, la scelta lo Scalabrone di Marchesi Antinori piacevole Rosato della zona di Bolgheri in Toscana.
Cabernet Sauvignon, Merlot ed una parte di Syrah compongono questo vino deciso, caratteristica che contraddistingue le etichette prodotte nel territorio.
Tenuta Guado al Sasso a Bolgheri è la proprietà dove si vinifica questo Rosaro, in alta Maremma a circa 100 km da Firenze, 320 ettari vitati in una zona rinominata come anfiteatro bolgherese, nome dovuto alla sua conformazione.
Bolgheri una denominazione relativamente giovane, ma da anni oramai punto di riferimento italiano nel panorama vitivinicolo internazionale.
Un terreno ricco e sabbioso che nel calice si trasforma in una piacevole sapidità, al naso si riconosco l’aroma di ciliegia e piccoli frutti rossi, tendenzialmente freschi.
Ingredienti per 4 persone:
180 gr di pane grattugiato
180 gr di Parmigiano Reggiano
2 uova
400 gr di cime di rapa
1 spicchio d’ aglio
4 acciughe
Noce moscata qb
Olio evo
Sale
Procedimento:
Prepara i passatelli, in una ciotola versa le uova, il pane grattugiato, Parmigiano Reggiano, la noce moscata, aiutandoti con un cucchiaio inizia ad impastare fino ad ottenere un composto compatto.
Trasferisci l’impasto sulla spianatoia e lavora con le mani, deve risultare un panetto compatto, avvolgi con pellicola e fai riposare in frigo anche tutta la notte.
Lava le cime di rapa e privale della costa centrale, questa operazione vale per le foglie più grandi, per quel che riguarda le foglie piccole sono molto tenere e non è necessario.
Porta a bollore abbondante acqua salata, fai cuocere le cime di rapa per circa un minuto, scola e fai raffreddare in una ciotola con acqua e ghiaccio, questa operazione bloccherà la cottura e manterrà il colore verde delle foglie.
In una padella versa un filo d’olio, aggiungi aglio e acciughe fai rosolare e sciogliere le acciughe, taglia le cime di rapa più grandi a pezzi mentre lascia intere le foglie e le cime più piccole.
Salsa in padella con l’aglio e le acciughe, lascia insaporire.
Ora con l’aiuto di uno schiaccia patate creiamo i passatelli, inserisci l’impasto al suo interno, schiaccia e quando avrai ottenuto raggiunto la lunghezza di 5 o 6 cm taglia con un coltello.
Fai cuocere i passatelli in acqua salata per 2 minuti, quindi scolali con l’aiuto di una schiumarola, fai saltare con le cime di rapa e servi ben caldo.
Era una calda e soleggiata giornata d’agosto quando scoprì che erano aperte le iscrizioni alla Tiramisù Word Cup 2022, e anche se mi trovavo in Lessinia lontano dalla calura della Pianura Padana ebbi un cedimento e in men che non si dica mi ritrovai iscritta per l’8 ottobre.
Scherzi a parte, conoscevo la manifestazione e l’iscrizione è stata del tutto intenzionale, un po’ perché le gare sotto sotto mi piacciono, ma soprattutto perché il tiramisù è uno dei dolci che preferisco, quel suo essere leggermente dolce, le note del caffè e del cacao che inebriamo il palato.
Per non parlare della sua storia, Treviso la città che ospita la manifestazione è anche la città in cui il famoso dolce al cucchiaio è nato, in cui è stata depositata la storica ricetta.
E qui veniamo al dunque, TWC si suddivide in due categorie:
Tiramisù originale
Tiramisù rivisitato
Possibile partecipare ad entrambe ma alla fine dopo pressing di parenti ed amici opto per preparare il mio dolce rivisitato. Chi mi conosce e sa cosa mi piace creare con la mia cucina mi ha spinto verso il preparare un dolce rivisitato, anche se non nascondo la voglia di cimentarmi nella ricetta classica.
Chi lo sa magari sarà per la prossima edizione.
Gli ingredienti
Devo dire che la scelta di utilizzare, o forse dedicare il mio dolce al Pero Misso della Lessinia presidio Slow Food è maturata sempre durante le vacanze, quando i miei tour da food blogger mi hanno portato a conoscere Bibbiana Righetti che a Cerna, appunto in Lessinia coltiva e trasforma il frutto di piante centenarie.
Un frutto antico dalle molteplici proprietà e nutrimenti, il quale però non è più commercializzato a causa della sua piccola pezzatura, ma anche al fatto che come per i cachi prima di essere consumato deve subire un processo di ammezzimento.
Questo processo lo rende un frutto maturo, ne cambia il colore e lo rende scuro, ma anche la consistenza rendendolo “misso” cioè molle. Inoltre al palato da crudo presenta una spiccata granulosità, per questo grazie a persone come Bibbiana possiamo godere di prodotti eccellenti come la confettura di Pero Misso e il distillato.
Perché le castagne, la Lessinia è disseminata di alberi di castagno, che come la pera è un altro frutto che rappresenta in pieno l’autunno, e poi mi piaceva l’idea di dare consistenza alla crema, una certa masticabilità, di abbinare un secondo sapore antico.
Ho voluto creare un dolce moderno, fatto di una base, di creme e di consistenze, ho pensato a un impiattamento mono porzione ma se vuoi e ti è più comodo puoi preparare il tuo dolce in coppetta o bicchiere.
La mia rivisitazione del tiramisù è in chiave moderna, quindi trita al coltello i savoiardi, versa in una ciotola e bagna con il caffè. Lascia riposare qualche minuto.
Ho pensato di creare delle monoporzioni rettangolari, 9 cm per 5 cm, puoi creare il tiramisù di qualsiasi dimensione, anche in base al coppa pasta che hai a disposizione.
Posiziona il coppa pasta sul piatto, inizia a trasferire i savoiardi tritati al suo interno, ricorda che le dosi della ricetta sono per quattro porzioni. Schiaccia bene con un cucchiaio o meglio se il coppa pasta è munito dell’apposita livella.
Sul composto di savoiardi che sono diventati la nostra base spalma un cucchiaino di confettura di Pero Misso, ora dedichiamoci alla crema.
Mentre le basi riposano in frigo inizia a montare, con le fruste elettriche, i tuorli e lo zucchero, fino ad ottenere un composto soffice e spumoso, aggiungi il mascarpone, sempre con le fruste ma a bassa velocità.
Dividi la crema in dure parti, circa 1/3 della crema sarà al gusto cacao, aggiungi il cacao amaro e fai amalgamare sempre con le fruste, ai restanti 2/3 vanno aggiunte le castagne tritate, lascia da parte qualche pezzo di castagna per guarnire.
Trasferisci la crema alle castagne in una sac a poche semplice, per la crema al cacao invece dovrai aggiungere una bocchetta dentellata per creare un decoro.
Farcisci le quattro porzioni con la crema alle castagne, lascia riposare in frigo un trenta minuti quindi spalma un cucchiaino di confettura su ogni porzione, decora con ciuffi di crema al cacao e pezzetti di castagne.
Ti consiglio di assaporare il tuo dessert dopo qualche ora di riposo in frigorifero.
Merano Wine Festival 2022 edizione 31^, il tema e filo conduttore di questa edizione è la sostenibilità, argomento per fortuna molto sentito negli ultimi anni, di cui si parla spesso e si cerca sempre di più di fare per raggiungere dei risultati.
Respiro e grido della terra il life motive che anima Merano Wine Festival 2022 in scena dal 4 all’8 novembre nel cuore della città Alto Atesina, passato, presente e futuro uniti in un tema, una manifestazione, un pensiero, con la consapevolezza di quali sono le proprie radici, individuando però la strada da intraprendere e seguire.
MWF22
Incontri e approfondimento su temi importanti come la mancanza d’acqua, l’ innovazione e sicurezza alimentare e creazione di una filiera sempre più sostenibile, fino ad arrivare alla certificazione vitivinicola. Dimostrazione pratica di tutto ciò attraverso l’approfondimento di alcuni casi come ad esempio Abruzzo Sostenibile.
A come Arte, è impossibile partecipare al Merano Wine Festival e non pensare all’arte, ci si ritrova catapultati all’interno di palazzi stupendi, con sale che trasmettono bellezza artistica da ogni centimetro.
Molte le iniziative durante la manifestazione anche appunto sul tema arte, la partnership con Merano Arte che ospita un’anteprima di MWF in collaborazione con Casabella New Italian Wineries and Architecture.
Anche uno sguardo all’arte mixology, martedì 8 novembre otto bartender provenienti da tutta Italia si sfideranno utilizzando gli ingredienti della mistery box The WineHunter per il The WineHunter Globe Platinum, titolo di miglior Bartender Cocktail, miglior Basterder Drink e miglior locale d’Italia.
Come ogni edizione un ricco carnet di eventi, tra talks, ben 12 masterclass, show cooking, presentazioni di libri e il fuori salone Red Wave che anima la deliziosa città che è Merano.
Oltre 700 prodotti selezionati e premiati con il The WineHunter Award dalle commissioni della manifestazione, che possono essere degustati all’interno del Kurhaus e della Gourmet Arena, da non dimenticare inoltre le oltre 330 etichette presenti a The WineHunter Area.
Gusta de Gusta MWF22
Ho visitato, perlustrato, assaggiato vini e prodotti nel Kurhaus e limitrofi per due giorni, per quella che per me è la manifestazione più bella dell’anno. Il clima che si respira, la location, le proposte e gli eventi creano l’atmosfera perfetta, quella dei grandi eventi, quella che non delude mai.
Sabato mattina 10.30 arrivo alla manifestazione e con una certa gioia vedo una fila interminabile di persone che pazientemente attende di entrare, da qualche anno per i motivi che tutti sappiamo gli eventi o erano contingentati o proprio non venivano organizzati, sempre più aria di normalità.
Tuttavia perlustrando sale e postazioni si faceva sempre più forte la convinzione che per questa edizione non avrei parlato di singole realtà, ma di Consorzi e di progetti comuni.
Mi occuperò di spiegare alcune realtà che conosco bene, perché del mio territorio, ma anche altre di cui fino alla mia visita a Merano avevo solo sentito parlare.
Consorzio Roma Doc
Consorzio Roma DOC
Per questa giovane realtà è il primo anno a Merano Wine Festival, un consorzio nato nel 2011, ma si percepisce la grinta con la quale si presenta in questa manifestazione parlando con il presidente Tullio Galassini.
Un Consorzio che festeggia a Merano il milione di bottiglie prodotte e i 7 anni dall’istituzione della DOC Roma.
Un po’ di dati: 175 ettari vitati, 1516000 bottiglie prodotte, molti gli investimenti in termini di filiera da parte del consorzio e grade soddisfazione per la risposta positiva della ristorazione all’inserimento in carta dei vini della Doc Roma.
Circa 80 aziende fanno parte del Consorzio, si estendono su di un terreno che è un ‘alternarsi di colline e pianure, altitudine varia tra 0-600 mt, la presenza del mare, dei venti e dell’esposizione a sud creano un micro clima perfetto per la realizzazione di vini anche strutturati.
Vengono coltivate molteplici varietà a bacca rossa e bianca come: Aglianico, Aleatico, Bellone, Barbera, Greco bianco, Greco nero, Moscato di Terracina ecc, la produzione è regolamentata da disciplinare che ne delimita l’area di produzione, indicata così come segue: la zona centrale del Lazio fino ai territori litoranei, Colli Albani, Colli Prenestini e la Sabina Romana.
HEVA Heroes of Europe: Volcanic Agriculture
Consorzio Il SoaveConsorzio Tutela Vino Lessini DurelloConsorzio Formaggio Monte Veronese DOPUnion of Santorini cooperatives- Santo Wines
Cosa hanno in comune le realtà elencate qui sopra? Il terroir, sono tutte produzioni su suolo Vulcanico, ha preso il via a maggio il progetto HEVA, programma che per i prossimi tre anni vedrà la collaborazione di quattro realtà distanti tra loro anche migliaia di km, ma con molto in comune.
Il Soave vino bianco fermo che trae appunto dal suolo vulcanico a est di Verona molte delle sue caratteristiche sensoriali, come la mineralità;
Lessini Durello vino spumante prodotto con uva Durella nel territorio vulcanico che unisce Verona e Vicenza, anche qui note dure appunto e minerali la fanno da padrone;
Formaggio Monte Veronese DOP prodotto in Lessinia la fascia montana a nord di Verona che si estende dal Lago di Garda fino al confine con la vicina Vicenza;
Santo Wines è l’unione delle cantine che producono vino sull’isola vulcanica di Santorini in cui la viticoltura trovò radici ben 3500 anni fa;
Realtà con diversi punti in comune, dicevamo il suolo vulcanico, ma anche tutte realtà affermate e conosciute singolarmente, che hanno deciso di “fare squadra” per crescere, comunicare assieme un terroir, creando sinergia, e quindi energia, come la forza che sprigiona un vulcano.
Approdano anche al Merano Wine Festival 2022 insieme, presentando progetto e i loro prodotti assieme, quale vetrina migliore per un progetto internazionale.
Ai piedi dei vulcani si è sempre sviluppata un’attività molto produttiva, il terreno ricco di nutrimenti ha sempre condotto l’uomo verso l’agricoltura così detta “eroica”, pericolosa e difficile.
Adoro cucinare cibo etnico, mescolare e provare spezie e abbinamenti, oggi ho voluto pubblicare i samosa d’agnello deliziosa preparazione che è un piatto tipico in diversi paesi del Continente Indiano, come India e Sri Lanka.
In genere si tratta di uno street food vegetariano, ma io oggi ho voluto unire la carne d’agnello con la tanto amata zucca, trovo che questa ortaggio abbinato alle spezie si esalti ancora di più.
In pratica i samosa sono croccanti triangoli di pasta ripieni, io per la mia ricetta ho utilizzato la pasta fillo perché volevo dare quella sensazione sfogliata al morso.
Quando ho ricevuto i prodotti per la collaborazione con Saclà e ho visto la nuova Salsa alla Thai si è accesa la lampadina.
Trovo che questa salsa dal gusto agro-piccante sia ideale da abbinare a questo piatto perché smorza il gusto dell’agnello e si abbina perfettamente alla dolcezza della zucca.
Per prima cosa taglia a pezzetti la polpa d’agnello, sbuccia e taglia finemente la cipolla, priva la zucca della scorza e taglia a cubetti.
In una padella fai scaldare un filo d’olio, soffrigi la cipolla, aggiungi l’agnello e fai rosolare per bene.
Dopo qualche minuto aggiungi la zucca, aggiusta di sale e fai cuocere coperto per circa 30 minuti a fuoco basso, a metà cottura aggiungi tutte le spezie, mescola di tanto in tanto e se serve aggiungi dell’acqua.
Il risultato finale dovrà essere un composto asciutto, la zucca sarà in pratica sfaldata amalgamata con la carne. Lascia raffreddare.
Su un foglio di carta forno adagia dei rettangoli di pasta fillo, il lato deve essere 8 cm, per ogni rettangolo 2 fogli di pasta fillo, spennella ogni foglio con olio evo, in modo da farli aderire bene.
Nell’angolo inferiore adagia un po’ di farcia e inizia ad arrotolare i samosa lato per lato, fino ad ottenere un triangolo, spennella con olio evo e cospargi con semi di sesamo, inforna a 190° per circa 20 minuti, o comunque fino a che saranno ben dorati.
Autunno voglia di calore e di sapori che creano magia, che ne dici di una crostata autumn mood?
Il mio lavoro come food blogger mi porta spesso a collaborare con molte belle realtà italiane, oggi ti parlo di ben tre di loro mentre ti spiego questa crostata semplice ma molto bella.
Oltre ad essere una food blogger sono una Cesarina wine expert, faccio parte di questa grande famiglia di cuochi, e aggiungerei anche intrattenitori, che accogliendo gli ospiti nelle loro case tramandano ricette e tradizioni.
Raccontiamo attraverso i nostri piatti la storia del territorio in cui abitiamo, rendendo così il turista partecipe e parte integrante del nostro mondo.
Far parte di un progetto così bello come quello de Le Cesarine non poteva che portare a collaborazioni speciali, come quella iniziata a settembre con Agugiaro & Figna Molini spa farine 100% italiane, vanta una lunga storia produttiva, il molino nasce nel 1831 e oggi è leader mondiale nel settore dei prodotti sfarinati.
Grazie a questa collaborazione il logo dell’associazione sarà presente sulle confezioni delle sei tipologie di farine della linea Alta Cucina, la definirei una doppia certificazione di garanzia.
La marmellata di Bibbiana…
Raccontare i piatti ma anche il proprio territorio, per questo in questa crostata ho voluto utilizzare la marmellata di mele e fiori di sambuco di Bibbiana, amica conosciuta nella bellissima Lessinia, per la precisione a Cerna.
Una persona che con il suo lavoro e la passione per il territorio conserva alcune colture antiche che esalta con le sue preparazioni, di cui però ti parlerò in modo più approfondito in un articolo successivo.
Per ora ti voglio parlare della marmellata che ho deciso di impiegare per la ricette, dolce sì ma non troppo e comunque senza zuccheri aggiunti.
Sappiamo infatti che per le marmellate è importante utilizzare marmellate o confetture con poco zucchero per evitare fuoriuscite durante la cottura.
In questa marmellata si sente la mela frutto principe dell’autunno ma anche l’inconfondibile profumo del sambuco, che in un attimo fonde primavera e autunno in un tutt’uno.
Infatti Bibbiana per preparare questo nettare unisce letteralmente le due stagione, raccoglie i fiori di sambuco e li conserva fino a quando le mele sono mature per essere utilizzate.
Nella ciotola della planetaria versa la farina, il burro freddo a tocchetti e lo zucchero, inizia lavorare gli ingredienti con il gancio a foglia fino ad ottenere un composto sabbiato.
Aggiungi l’uovo e continua ad impastare fino ad ottenere un impasto omogeneo, lavora velocemente con le mani, avvolgi con pellicola e lascia riposare in frigo per un’ora.
Sulla spianatoia adagia un foglio di carta forno leggermente infarinato, con il mattarello stendi l’impasto fino ad ottenere uno spessore di 4 o 5 mm.
Rivesti lo stampo da crostata, io uso stampi antiaderenti e con fondo removibile, quindi non c’è bisogno di imburrare lo stampo. Fai aderire bene la frolla nelle scanalature e rifila la pasta in eccesso.
Con la forchetta buca in più punti la frolla, versa la marmellata e livella con un cucchiaio. Stendi la pasta frolla avanzata e ricava con degli stampi delle foglie da appoggiare sulla torta.
Se non hai gli stampi a forma di foglia puoi utilizzare qualsiasi altro stampo, oppure ricavare delle strisce per l’intreccio classico.
Spolvera con cannella e inforna a 185° per circa 35 minuti, quindi lascia raffreddare e sforma la torta.
Il ritorno al lavoro dopo le vacanze porta con se una lieta novella, ad ottobre torna Inconfondibile Festival, manifestazione che promuove la conoscenza dei vini prodotti con metodo ancestrale e rifermentati in bottiglia.
Più precisamente domenica 23 lunedì 24 ottobre al The Westin Palace di Milano, una due giorni di assaggi, conoscenza e comprensione di vinificazione che si può definite anche solo utilizzando la parola naturale, col fondo, sur lie o sui lieviti che dir si voglia.
Una manifestazione intera che celebra tecniche secolari, metodi che se inventati oggi sarebbero etichettati come “amici dell’ambiente”, quando l’antico è più attuale che mai. Parliamo di vini che hanno un potenziale evolutivo immenso, ma allo stesso tempo sono vini sinceri, che stupiscono anche senza tanti fronzoli.
Ho partecipato a Inconfondibile per la prima volta nel 2021, per me è stato anche il primo vero approccio con questo mondo, che da subito si è rivelato una dimensione fatta di belle realtà e grandi sinergie tra produttori. Aziende che oltre a produrre vino in modo naturale, fanno vivere la loro azienda in modo eco, anche attraverso la produzione di prodotti come il miele o addirittura l’allevamento del baco da seta.
Persone, aziende che sono state capaci di creare sinergie e collaborazioni, perché alla fine l’unione fa la forza, come tanti tasselli che si incastrano l’uno con l’altro. Un mondo che se vogliamo non è influenzato dalle mode che indirizzano i mercati in determinate direzioni. Perché sappiamo benissimo che anche il vino può essere moda, addirittura la forza di un mercato può chiedere varianti o modifiche alla struttura di un vino.
Metodo Ancestrale
Se vogliamo il Metodo Ancestrale è il capostipite della bolla, definiti anche vini ribelli, vini che alla beva hanno un corpo, non parlo di grado alcolico, ma di consistenza.
Al contrario i Pet Nat (altro modo per definire gli ancestrali) non sono caratterizzati da grado alcolemico elevato, vini torbidi perché molto spesso al loro interno contengono ancora lieviti, una bassa pressione che regala al palato una bollicina sottile e delicata.
Il Metodo Ancestrale si basa su una sola fermentazione, che avviene in parte in tini e successivamente in bottiglia. Quando gli zuccheri non sono del tutto esauriti il vino viene imbottigliato, l’anidride carbonica al termine della fermentazione rimane all’interno della bottiglia, il vino diventa così frizzante.
Rifermentati in bottiglia
Come descrivere in modo semplice un vino rifermentato in bottiglia… come dire un Metodo Classico non sboccato, e quindi senza l’aggiunta del liquor deexpedicion cosa che avviene invece per il famoso Champenoise.
Vini freschi di facile beva, ma che sanno regalare grandi sensazioni anche grazie ai lieviti presenti all’interno della bottiglia.
Come per il Metodo Classico avvengono due fermentazioni, il vino viene imbottigliato e fatto rifermentare in bottiglia, ovviamente mediante il controllo della temperatura.
E’ da dire che all’assaggio la differenza tra Metodo Ancestrale e Rifermentato in Bottiglia non è facile da cogliere, serve un palato molto allenato. Per questo e per fortuna aggiungo esistono manifestazioni come Inconfondibile, per approfondire e capire tecniche, differenze e cosa ancor più importante conoscere di persona chi il vino lo produce.
Non so se le spiegazioni ti sono sembrate complete, ma questo è anche il modo in cui penso di descrivere il vino nel mio blog, in modo essenziale e senza entrare in tecnicismi, stuzzicare la tua attenzione quel tanto per approfondire l’argomento durante la manifestazione o direttamente in cantina.
Di seguito qualche foto dell’edizione 2021:
Inconfondibile festival 2021Cantina Iseldo MauleBigagnoli Wines